Tassa sui conti correnti?

Le spese di gestione e le tasse che deve pagare chi decide di accendere un conto corrente

L’accensione di un conto corrente spesso comporta, per il correntista, il sostenimento di costi relativi alla gestione dello stesso, quali il pagamento di un canone mensile e le eventuali e ulteriori commissioni da applicarsi sulle singole operazioni, qualora non comprese all’interno del canone contrattuale.

Inoltre, in aggiunta alle spese di gestione, allo scadere di ogni trimestre, verrà addebitata una somma relativa ad una tassa sui conti correnti: l’imposta di bollo, entrata in vigore nel 2012, sia per le persone fisiche, che per le persone giuridiche.

Ma non è tutto.

Qualora, su tale conto, fosse presente una giacenza, il correntista matura su questa degli interessi creditori i quali verranno liquidati al netto della ritenuta fiscale (un’ulteriore tassa).

Vediamo meglio in cosa consistono le tasse sui conti correnti.

L’imposta di bollo sui conti correnti

L’imposta di bollo è una tassa sui conti correnti riportanti una giacenza media trimestrale superiore a Euro 5.000, che deve essere sostenuta dai titolari del conto, siano essi persone fisiche o giuridiche.

Trattasi di una tassa fissa, che viene addebitata ogni trimestre sul conto corrente stesso, ammontante a Euro 34,20 per le persone fisiche, mentre per le persone giuridiche è definita in Euro 100.

L’imposta di bollo è una tassa sui conti correnti annuale, ma solitamente, per comodità, viene ripartita nel corso dell’anno con applicazione trimestrale, in coincidenza con l’emissione dell’estratto conto. Qualora non fosse prevista una rendicontazione trimestrale, l’imposta di bollo verrebbe addebitata direttamente il 31 dicembre.

Nessuna imposta di bollo viene addebitata ai titolari di conti correnti (solo persone fisiche) aventi un valore medio di giacenza inferiore a Euro 5.000.

La ritenuta fiscale sui conti correnti

Mantenere un conto corrente sempre in positivo consente al titolare di guadagnare una piccolissima percentuale sulle somme mediamente giacenti.

Gli interessi spettanti al correntista, per il semplice fatto di mantenere del denaro all’interno del proprio conto corrente, vengono però decurtati di una ritenuta fiscale, operata alla fonte direttamente dalla banca, del 26%.

L’imposta di bollo, come evitare il pagamento

L’imposta di bollo, come detto, non deve essere pagata dalle persone fisiche titolari di conti correnti con giacenza inferiore ai 5.000 Euro. Ovviamente, per non pagare l’imposta di bollo non è possibile ripartire i propri capitali in diversi conti correnti, in quanto è l’ammontare di questi che genera l’obbligazione del pagamento di questa.

Il Fisco ha comunque introdotto delle specifiche esenzioni da applicare a coloro che possiedono un ISEE inferiore ai 7.500 Euro annui, o nel caso in cui si è titolari di conti correnti di base, ovvero quelli che vengono riservati a fasce indigenti.

Infine, la risposta dell’Agenzia dell’Entrate all’interpello 457 dell’8 ottobre 2020 ha specificatamente chiarito che l’imposta di bollo non deve essere applicata alle carte di credito secondarie, come, ad esempio, quelle fornite ai dipendenti di un’azienda.

Patrimoniale: la tanto temuta tassa sui conti correnti

La tassa Patrimoniale non è ancora stata disciplinata, ma è considerata come un’opzione possibile, vista l’ingente matassa di debiti che il nostro Paese dovrà, prima o poi, ripianare, onde evitare di lasciare tale ammontare di spese sulle spalle delle future generazioni.

Se fare o non fare una patrimoniale è una decisione che spetta alla politica: tale tassa dovrebbe in ogni caso essere applicata in maniera disomogenea e progressiva, ovvero solo su circoscritti prodotti finanziari (depositi e titoli) e in base all’ammontare delle ricchezze possedute da ogni singolo cittadino, gravando, pertanto, soprattutto su coloro che possiedono redditi più alti.

Con tale tassa sui conti correnti lo Stato percepirebbe immediatamente un’entrata piuttosto ampia che permetterebbe di mantenere inalterato il debito pubblico, registrato, nell’anno 2020, in 2.600 miliardi di euro, pari al 160% del debito rapportato al PIL, e il 2021 non lascia certamente presagire segni di miglioramento, vista anche la situazione emergenziale derivante dal COVID-19.

L’alternativa alla patrimoniale appare essere, per i correntisti, quella di acquistare titoli irrimediabili ad azione volontaria, ovvero investire spontaneamente i propri capitali in titoli che garantiscono una rendita di ampia durata, senza però avere la certezza di poter rientrare in possesso del capitale inizialmente impiegato.

 

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