Ricongiungimento familiare tra fratelli: un cittadino italiano può portare suo fratello in italia?

Il legislatore italiano, attraverso la disciplina sul ricongiungimento familiare, intende tutelare l’unità familiare in ossequio a quanto previsto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (adottata dalle Nazioni Unite nel 1948) secondo cui la famiglia rappresenta il nucleo essenziale della società, che ogni Stato di diritto deve proteggere.

In che modo l’ordinamento italiano raggiunge questi obiettivi? Prima di tutto, attraverso l’articolo 3 e l’articolo 29 c. 1 della Costituzione italiana posti rispettivamente a tutela della dignità umana e dei diritti fondamentali della famiglia. La tutela dell’unità familiare è, poi, riconosciuta dal Testo Unico sull’Immigrazione (d. lgs. n. 286/98, modificato dal d.l. 69/2023) e dalla Legge sulla coesione familiare (d. lgs. n. 30/2007).

Quando si parla di ricongiungimento familiare tra fratelli, la domanda che molti si fanno è se ho la cittadinanza italiana posso portare mio fratello in Italia? Per rispondere in maniera adeguata occorre, in primis, distinguere tra cittadini extracomunitari (cosiddetti stranieri) e cittadini comunitari (tra i quali vi rientra il cittadino italiano).

Lo straniero e il ricongiungimento familiare

Lo straniero che si trova in Italia può richiedere il ricongiungimento per coesione familiare solo in favore di:

  • coniuge (purché non siano separati legalmente);
  • figli minori (anche nati fuori dal matrimonio e con il consenso necessario dell’altro genitore);
  • figli maggiorenni a carico (laddove non siano in grado di provvedere al proprio sostentamento a causa di invalidità);
  • genitori a carico (se totalmente invalidi e allorquando il richiedente sia figlio unico);
  • genitori ultra-sessantacinquenni (laddove non abbiano altri figli o questi, se presenti, non siano in grado di provvedere al loro sostentamento per comprovati e gravi motivi di salute).

Da una veloce lettura dell’art. 29 del Testo Unico, emerge immediatamente che il ricongiungimento familiare tra fratelli non è possibile quando colui che richiede il ricongiungimento è un cittadino extracomunitario. Come è facile osservare, la legge non menziona assolutamente i fratelli. Allo stesso modo, nessun richiamo diretto è fatto a nonno e nonna, zio e zia o nipoti.

Il cittadino straniero (ossia, extracomunitario o extra UE) deve anche possedere un “permesso di soggiorno CE di lungo periodo” oppure un “permesso di soggiorno di almeno un anno rilasciato per motivi di lavoro, asilo, studio, protezione sussidiaria, motivi familiari”. In sostanza, deve trattarsi di un cittadino extracomunitario soggiornante regolarmente in Italia. Inoltre, deve avere un reddito minimo annuo sufficiente a garantire il suo sostenimento e quello dei familiari di cui richiede il ricongiungimento e un alloggio idoneo (ossia, nel rispetto di appositi requisiti igienico-sanitari).

Nel caso in cui a presentare la domanda di coesione familiare sia un soggetto che gode dello status di rifugiato, il requisito economico e di adeguata abitazione sono esclusi.

Il cittadino comunitario e il ricongiungimento familiare

Tutto cambia, invece, se a richiedere il ricongiungimento familiare con un fratello o una sorella è un cittadino italiano!

Cosa dice la legge sulla coesione familiare se sei cittadino italiano? Secondo l’articolo 3 del decreto legislativo n. 30 del 2007, un cittadino italiano e, più in generale, “qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza” può portare con sé i seguenti familiari:

  • il coniuge;
  • il partner con cui si abbia una relazione stabile (ossia, il convivente di fatto);
  • i discendenti diretti a proprio carico o a carico del coniuge, purché abbiano un’età inferiore a 21 anni (ad esempio, figli e nipoti);
  • gli ascendenti diretti a carico e, persino, quelli a carico del coniuge (ad esempio, nonni e genitori);
  • ogni altro familiare che risulti essere a carico o che convive con il cittadino italiano che fa richiesta di ricongiungimento familiare, o qualora comprovate e gravi esigenze di salute impongano che il cittadino italiano assista personalmente il proprio familiare perché questo non è in grado di provvedere al proprio sostentamento economico e personale.

Ebbene, è proprio quest’ultima ipotesi a rendere possibile il ricongiungimento familiare tra fratelli e sorelle con il cittadino italiano. È proprio nella locuzione “ogni altro familiare” che, dottrina e giurisprudenza, vi riconducono, per l’appunto, il fratello o la sorella.

Requisiti e procedura per il ricongiungimento con il cittadino italiano

Seppure l’obiettivo è il medesimo, ossia portare il proprio familiare in Italia, tuttavia la procedura di ricongiungimento con il cittadino italiano o comunitario è estremamente più semplice rispetto a quella di ricongiungimento con il cittadino extracomunitario.

Anzitutto, l’ordinamento italiano non richiede la dimostrazione stringente dell’esistenza di specifici requisiti di alloggio e reddito. Inoltre, non è necessario richiederei il nulla osta allo Sportello Unico dell’Immigrazione. È solo necessario presentare apposita domanda per il rilascio di un visto per motivi familiari, presso l’ambasciata o il consolato italiano presente nel paese di provenienza del proprio familiare.
Ovviamente, è bene sottolineare che la richiesta di visto non legittima in maniera automatica il rilascio dello stesso. In caso di mancanza dei requisiti e di conseguente diniego di visto per motivi familiari, si può procedere con la richiesta di visto turistico. Anche quest’ultimo è un modo per ricongiungersi ai propri familiari, seppure per un lasso di tempo ridotto e circoscritto.

L’ingresso in Italia e la richiesta di permesso di soggiorno

Entro tre mesi dall’ingresso nel territorio della Repubblica italiana, il familiare del cittadino italiano potrà chiedere l’iscrizione anagrafica allo sportello dei servizi anagrafici del comune di residenza. Inoltre, entro gli stessi termini, ha diritto di richiedere all’autorità amministrativa competente (ossia, la Questura del luogo di residenza) la “Carta di Soggiorno per familiare di cittadino UE”.

Secondo l’articolo 20 della direttiva comunitaria n. 38 del 2004, la carta di soggiorno familiare ha la durata di 5 anni dalla data di rilascio, trascorsi i quali (e al persistere dei requisiti per il rilascio) è possibile procedere al rinnovo della stessa per un periodo di 10 anni.
Si parla in tal caso di carta permanente di soggiorno, perché il rinnovo spetta ogni 10 anni di diritto al suo beneficiario, presentando domanda di rinnovo presso la Questura prima dello scadere della stessa.
La carta di soggiorno per motivi familiari non viene sospesa, né revocata, laddove il familiare di cittadino comunitario si allontani dal territorio nazionale per un periodo inferiore a sei mesi all’anno, oppure non superiore a dodici mesi laddove ricorrano motivi rilevanti che giustifichino l’assenza del beneficiario (ad esempio, incidente e malattia grave, gravidanza, motivi di studio e formazione professionale).

Documenti necessari per la richiesta di coesione familiare

Per procedere al ricongiungimento familiare con il fratello o sorella è necessario disporre di:

  1. un valido documento di riconoscimento (tipicamente, carta d’identità o passaporto) del cittadino italiano ospitante e del familiare di cui si richiede l’ingresso in Italia;
  2. certificato di stato civile che attesti l’esistenza di un rapporto di parentela entro il secondo grado con il cittadino italiano;
  3. una dichiarazione di ospitalità sottoscritta dal parente cittadino italiano;
  4. certificazione, o autocertificazione sostitutiva, di stato di famiglia, di matrimonio e di residenza del cittadino italiano.

In conclusione

Chiunque conviva in maniera stabile con il proprio fratello o sorella cittadino italiano o, più in generale, con un parente entro il secondo grado o il coniuge, ha diritto di godere del permesso di soggiorno per motivi familiari e, di conseguenza, non può essere disposto nei suoi confronti un decreto di espulsione dal territorio italiano.

Il requisito principale è quello della “reale convivenza”. Ciò significa vivere stabilmente nella stessa abitazione, coabitando sotto lo stesso tetto ma mantenendo, al contempo, la propria autonomia e indipendenza. In sostanza, non deve trattarsi di una mera sistemazione di fortuna! Le Forze dell’Ordine effettuano, a tal proposito, dei periodici controlli al fine di accertare la sussistenza del requisito dell’effettiva convivenza.

Non è possibile smettere la convivenza con il cittadino italiano, perché verrebbe meno la ratio stessa della disciplina del ricongiungimento per coesione familiare, ossia la tutela dei parenti stranieri del cittadino italiano. Quindi, laddove tale requisito manchi o dovesse venir meno, il familiare del cittadino di nazionalità italiana potrà essere sottoposto ad espulsione.

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