Decreto ingiuntivo cos’è e cosa devi sapere

Avrai sentito sicuramente parlare di decreto ingiuntivo, ma sai davvero cos’è e come funziona? Previsto dal nostro ordinamento,  è un istituto molto utilizzato in campo legale e ben disciplinato dal codice civile. Vediamo di seguito tutto quello che c’è da sapere su un’ingiunzione di pagamento.

Cos’è il decreto ingiuntivo

Ai sensi dell’articolo 633 (e ss.) del codice civile, si definisce decreto ingiuntivo quell’istante monitorio, la cui funzione è quella di riconoscere ad un soggetto creditore una prova scritta del suo credito. Attraverso un successivo provvedimento emesso, che assume carattere di titolo esecutivo, si procede contro il debitore e il suo patrimonio per soddisfare il credito del soggetto istante.

Viene definito monitorio perché al creditore viene riconosciuto il titolo esecutivo in misura della somma di cui vanta la pretesa. Non richiede un processo di cognizione integrale e non costringe per forza la controparte a costituirsi nel procedimento (avviene quindi “inaudita altera parte”). E’ quindi uno strumento volto a tutelare coloro che hanno diritto a recuperare una somma liquida di denaro, delle somme fungibili, o la consegna di una cosa mobile.

Quando ricorrere ad una ingiunzione di pagamento?

Secondo il nostro codice civile il giudice competente può rendere esecutiva l’ingiunzione di pagamento (o di consegna) quando il diritto vantato viene dimostrato con prove scritte, quando il credito inserisce a spettanze professionali di avvocati, ufficiali giudiziari o cancellieri, o quando il credito vantato corrisponde agli onorari spettanti a notai o a tutti coloro che esercitano una libera professione per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.

Sempre nell’articolo preposto del nostro codice civile si legge che l’ingiunzione si verifica anche quando il diritto vantato derivi da una condizione o da una controprestazione. Ovviamente a patto che il ricorrente abbia elementi probatori validi per attestare l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione.

La prova scritta

Il decreto ingiuntivo si emette solo dinanzi ad elementi probatori scritti che avallino la posizione del creditore.

Per facilitare la raccolta di queste prove, il legislatore ha pensato bene di elencare i più comuni documenti che possono assumere questo carattere. Si pensi alle polizze, alle promesse unilaterali, alle scritture private, ai telegrammi. Anche il contratto può essere considerato una prova: tuttavia se al suo interno dovesse essere contenuta una controprestazione, il creditore deve integrare la prova con ulteriori elementi per dimostrare di aver rispettato la sua posizione secondo il contenuto contrattuale. Anche le fatture ormai, con le nuove pronunce della Suprema Corte, vengono fatte confluire nel novero delle prove scritte.

I requisiti che deve avere il credito per essere oggetto di ingiunzione

Per essere oggetto di una ingiunzione di pagamento, il credito deve avere dei requisiti ben specifici. Innanzitutto deve essere liquido, nel senso che si può quantificare con precisione e celerità. Deve altresì essere esigibile, nel senso che il creditore può avanzare pretesa di riscossione prima che scadano i termini previsti a favore del debitore per presentare opposizione. Il credito deve essere documentato con prove scritte come abbiamo già avuto modo di spiegare.

L’emissione del decreto ingiuntivo

Come si emette un decreto ingiuntivo? Il creditore che ne abbia interesse deve rivolgersi ad un professionista che possa per suo conto proporre un ricorso, come prevede l’articolo 125 cc. All’interno di quest’ultimo vanno riportati tutti gli elementi che hanno indotto il creditore ad agire in tal senso, e vanno incluse anche le prove prodotte dall’istante.

Emette decreto ingiuntivo il giudice competente. Per la competenza valgono le classiche regole previste dal codice civile, ovvero competenza per valore o per territorio. Ovviamente prima di giungere ad una soluzione il giudice analizza il contenuto del ricorso. Se quest’ultimo non viene ritenuto abbastanza motivato, il giudice può richiedere l’integrazione della prova, in mancanza della quale, lo stesso si vedrà costretto a rigettare la domanda con decreto motivato. Qualora invece sia esaustivo, il giudice accoglie la domanda ingiungendo il debitore a versare la somma dovuta o a consegnare le cose pretese dall’istante.

Le spese di lite

Quando il decreto viene accolto in ogni sua parte, il giudice, così come prevede l’articolo 641 del codice civile, “liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento“. Questo vuol dire che il debitore, oltre a dover perfezionare la propria posizione nei riguardi del creditore, sarà obbligato anche a pagare le spese di giudizio e il compenso al professionista difensore del creditore. Non esiste alcune eccezione a questa regola: le spese di lite sono in capo all’ingiunto.

Diritto del debitore: opposizione a decreto ingiuntivo

È diritto del debitore contestare quanto sostenuto dal creditore. Può pertanto provvedere all’opposizione a decreto ingiuntivo, purché rispetti determinati parametri. Tale diritto può essere infatti esperito entro 40 giorni dalla notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo. Occorre anche evidenziare che tale termine viene ridotto a 10 giorni o aumentato fino a 60 in presenza di determinate circostanze.

Per fare opposizione, il debitore deve emettere un atto di citazione, grazie al quale viene instaurato un giudizio ordinario. Se nei termini poc’anzi espletati, l’opposizione dovesse presentare dei difetti, l’ingiunzione diventa esecutiva e il creditore potrà provvedere all’esecuzione per la soddisfazione della propria posizione creditoria.

Ci sono casi in cui comunque si può sollevare una opposizione tardiva, senza che il diritto del debitore venga compromesso. Quest’ultimo può infatti agire in ritardo e opporsi al decreto ingiuntivo qualora non sia venuto a conoscenza per tempo di quanto stesse accadendo. La qual cosa vale nei casi di irregolarità della notificazione, di caso fortuito o di forza maggiore.

I tempi di emissione del decreto ingiuntivo e la notifica alla controparte

Di solito un decreto ingiuntivo viene emesso in tempi piuttosto celeri. Ci può volere da una settimana fino ad un massimo di un mese, ma in molti casi anche nel giro di qualche giorno è possibile ottenerlo. Dopodiché bisognerà provvedere a notificare alla controparte il ricorso.

Sebbene si tratti di un istituto inaudita altera parte, l’ingiunto ha comunque diritto di venire a conoscenza di quanto sta accadendo. Per cui entro i termini stabiliti dalla legge, si deve notificare decreto e ricorso all’ingiunto. Gli originali del ricorso e dell’ingiunzione restano depositati in cancelleria, ma una copia autenticata dovrà essere per forza notificata al debitore. Anche perché è la notificazione a determinare  la pendenza della lite. Ci possono tuttavia essere dei vizi nel come si è svolta la notifica. Ad esempio risulta vizio la mancata notifica, la notifica tardiva (oltre i termini previsti dalla legge) e la nullità della stessa.

Esecutività del decreto ingiuntivo

Se non dovesse essere prevista la provvisoria esecutività, il decreto ingiuntivo diventa esecutivo allo scadere del 40esimo giorno dalla sua notifica. Questo termine è quello massimo entro cui il debitore può notificare atto di citazione per opposizione. Quindi in assenza di opposizione,  come stabilisce l’articolo 647 cc, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza dell’avente diritto, lo deve dichiarare esecutivo.

L’esecutività, insomma, sussiste solo se è presente l’apposita formula esecutiva. È grazie a quest’ultima infatti che il creditore potrà provvedere a pignorare il quinto dello stipendio del debitore, potrà richiedere la vendita dei suoi immobili e così via.

Viceversa, in presenza di opposizione, prende il via un classico procedimento ordinario di cognizione. Si avrà cioè una vera e propria causa civile al cui interno, tra botta e risposta delle parti coinvolte, il creditore potrà contestare il titolo del credito, l’adempimento, e tutto ciò che può avvantaggiare la sua posizione.

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