Cittadinanza italiana per stranieri: documenti e a cosa fare attenzione

La cittadinanza italiana per stranieri è un traguardo accessibile a chi viene ad abitare stabilmente nel nostro Paese. Tuttavia, occorre presentare i documenti previsti dalle normative e soddisfare alcuni importanti requisiti, al fine di annullare ogni rischio di rigetto della domanda.

Avere la cittadinanza, infatti, significa instaurare un rapporto tra Stato e persone, che dà luogo al riconoscimento di una serie di diritti e doveri in ambito sociale, economico, civile e politico. Ma se chi nasce in Italia da genitori italiani la possiede fin dalla nascita, non è la stessa cosa per chi proviene dall’Unione Europea o da altre nazioni.

In tal caso, il vincolo si può acquisire per naturalizzazione, ossia l’attribuzione di una residenza all’interno del territorio nazionale, attraverso il matrimonio o per beneficio di legge. Quest’ultima ipotesi riguarda, in particolare, i rifugiati politici e i soggetti apolidi (privi di cittadinanza in qualsiasi parte del mondo).

A seconda della situazione, occorreranno documenti, condizioni, tempistiche di residenza e di approvazione differenti. Di seguito, è disponibile un approfondimento sul tema, con indicazioni importanti riguardo a cosa fare e cosa evitare per non perdere tale opportunità e dare un futuro ai propri figli.

Cittadinanza italiana per stranieri, i documenti richiesti

Come già anticipato, la documentazione sarà diversa in base alla casistica di riferimento. Ecco le possibilità per ottenere la cittadinanza italiana per stranieri, da richiedere mediante SPID dal sito web del Ministero dell’Interno:

  • vincolo matrimoniale con un cittadino italiano
  • residenza entro i confini nazionali
  • asilo politico e status di apolidia.

Per acquisire la cittadinanza tramite le nozze servono l’estratto di nascita e quello di matrimonio, il passaporto, il permesso di soggiorno, il certificato penale. A questi bisogna aggiungere la ricevuta di un versamento di 250 € e marca da bollo di 16 €, entrambi da saldare con PagoPa al momento della richiesta, da effettuare per via telematica.

Quanto alla concessione per naturalizzazione, sono richiesti certificato di nascita, quello penale del paese d’origine (ovviamente redatto in italiano mediante traduzione asseverata), passaporto, documento di riconoscimento. Inoltre occorrono permesso-attestazione di soggiorno, denuncia dei redditi dell’ultimo triennio, certificazione di conoscenza della lingua italiana, marca da bollo e ricevuta del contributo ministeriale.

Apolidi e beneficiari dell’asilo politico presenteranno la stessa documentazione di chi fa la domanda di cittadinanza per residenza, con qualche variante. Al posto del certificato penale e di quello di nascita fa fede l’atto di notorietà, emesso dal Tribunale in presenza di 2 testimoni; inoltre occorre avere una certificazione di apolidia o un documento che riconosca lo status di rifugiato politico.

Meritano un cenno a parte le adozioni di stranieri da parte di genitori italiani, per le quali il Ministero dell’Interno richiede l’apposito certificato. Se il figlio adottivo è minorenne, acquisisce la cittadinanza immediatamente; se, invece, ha già compiuto 18 anni, può fare richiesta dopo 5 anni a decorrere dal giorno di attribuzione della residenza fiscale.

Cittadinanza per stranieri, le tempistiche a cui fare attenzione

Prima di ottenere la cittadinanza italiana per stranieri, occorre rimanere sul territorio nazionale in maniera ininterrotta, per un periodo minimo previsto dalle normative in vigore. Quest’ultimo cambierà a seconda della situazione di partenza del soggetto ed è definito dalla Legge 91 del 5 febbraio 1992:

  • 2 anni per chi sposa civilmente (o con matrimonio concordatario) un cittadino italiano
  • 3 anni per chi, essendo convolato a nozze con un italiano, risiede all’estero
  • 3 anni anche per ascendenti di italiani in linea retta (fino al secondo grado di parentela) e per gli stranieri nati in Italia a cui non è stata concessa la cittadinanza nel Comune di residenza
  • 4 anni per chi proviene dall’area Schengen
  • 5 anni per apolidi, rifugiati politici, dipendenti o collaboratori statali (anche oltre confine) e stranieri che, avendo raggiunto la maggiore età, siano stati adottati da cittadini italiani
  • 10 anni per chi proviene dai nazioni al di fuori della Comunità Europea.

Riguardo al vincolo di matrimonio, le tempistiche si dimezzano (12 e 18 mesi) nel momento in cui nascano dei figli o vengano adottati a una data successiva a quella delle celebrazioni. Quanto alla decorrenza dei termini per la definizione del periodo, fanno fede il giorno delle nozze e, per la naturalizzazione, quello di attribuzione della residenza sul territorio nazionale.

Cittadinanza italiana per stranieri, ecco come non perderla

Oltre al rispetto delle tempistiche e all’invio di un’adeguata documentazione, il soggetto che richiede lo status civitatis deve fare attenzione ad alcuni particolari importanti. Il primo riguarda il carattere non definitivo dell’acquisizione della cittadinanza italiana: questa, infatti, si può perdere una volta acquisita e riottenere dopo averla persa.

Le modalità con cui ciò avviene sono 3: automatica, per revoca e per rinuncia. Nel primo caso, si può perdere la cittadinanza in seguito a revoca dell’adozione per fatto imputabile all’adottato; per servizio militare, incarichi o acquisizione della cittadinanza in uno Stato straniero in guerra contro l’Italia, oppure in luoghi o per organizzazioni estere in cui il Governo lo vieti espressamente.

La revoca, invece, è prevista in seguito a condanne per eversione o terrorismo, definiti dall’articolo 407 del Codice Penale e per i quali la legge stabilisce il carcere tra i 5 e i 10 anni. Rientrano nella casistica anche le infrazioni contro l’art. 270- ter e 270-quinquies del C.P., riguardanti rispettivamente chi protegge e sostiene coloro che compiono atti terroristici e chi appoggia le organizzazioni contro lo Stato, traendo profitto da beni sotto sequestro.

Merita un cenno anche la rinuncia allo status civitatis, per la quale è indispensabile una dichiarazione scritta. Si può richiedere in caso di acquisizione della residenza o della cittadinanza in un’altra nazione, dopo la revoca dell’adozione per fatto non imputabile all’adottato (divenuto maggiorenne) oppure dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana da genitori stranieri.

Status civitatis italiano, altre informazioni importanti

Per l’acquisizione della cittadinanza in Italia da parte di persone provenienti dall’estero, è necessario convolare a nozze con l’intenzione di far durare l’unione il più possibile e non avere carichi pendenti, oltre a soddisfare i requisiti di reddito e quelli sulla conoscenza della lingua italiana.

I soggetti a cui è concesso lo status civitatis attraverso il matrimonio dovranno certificare di non avere richiesto né ottenuto una sentenza di separazione o di nullità del vincolo coniugale. In caso contrario, non sussistono i presupposti per la validazione della domanda.

A prescindere dalla situazione di partenza, inoltre, è indispensabile avere la fedina penale pulita, in Italia come in patria o in altre nazioni in cui il richiedente ha abitato. È tassativo non aver ricevuto condanne né dichiarazioni di pericolosità sociale, ai sensi degli articoli 202 e 203 del Codice Penale.

Anche gli indicatori economici sono importanti, specialmente quelli relativi agli ultimi 3 anni di permanenza in Italia. La capacità di provvedere al sostentamento deve risultare stabile almeno fino al termine dell’iter e prevede una soglia minima di 8.263,31 € per nuclei composti da una persona, 11.362,05 € con il coniuge a carico e 516 € per ogni figlio che non produce reddito (anche se ha raggiunto la maggiore età).

Quanto alla conoscenza lingua italiana, i titoli di studio validi sono quelli rilasciati presso le scuole statali (secondaria di primo e secondo grado, Università) o legalmente riconosciute dal MIUR per il livello L2/B1 del QCER. In alternativa, fanno fede i diplomi conseguiti presso enti certificati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il permesso di soggiorno o l’accordo d’integrazione, per chi ne avesse inoltrato la richiesta.

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