Come funziona il decreto ingiuntivo

Scopriamo insieme come funziona il decreto ingiuntivo

Le controversie legate alla riscossione dei crediti sono piuttosto diffuse e possono risolversi, in molti casi, in schermaglie dai risvolti legali. Non capita di rado, infatti, che il debitore non sia in grado di rispettare i termini per saldare il proprio debito (o semplicemente si rifiuti di adempiere ai propri doveri). In casi del genere, il creditore può ricorrere ad un provvedimento speciale, che prende il nome di decreto ingiuntivo: vediamo di seguito di cosa si tratta e rimandiamo al nostro approfondimento legale.

Cos’è il e quando si può richiedere un decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento, disposto dall’autorità giudiziaria senza contraddittorio, attraverso il quale viene ingiunto al debitore di saldare il proprio debito entro 40 giorni dalla notifica del decreto; il debitore ha diritto di opporsi a tale provvedimento. Per quanto riguarda i riferimenti normativi, il decreto di ingiunzione è disciplinato dal codice di procedura civile; l’articolo 633, in particolare, stabilisce che: “Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna”.

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Affinché il decreto di ingiunzione sia ammissibile, deve sussistere almeno una delle seguenti condizioni:

  • il diritto (ossia il credito) è dimostrato da prova scritta;
  • il credito riguarda “onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo”;
  • il credito riguarda “onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata”.

Il dispositivo sopra citato stabilisce, inoltre, che “l’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione”.

Per quanto riguarda la prova scritta, il codice di procedura civile individua come prove ammissibili “le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi”. Per i crediti che consistono in somministrazioni di merci e denaro, sono ammissibili anche gli estratti autentici delle scritture contabili “purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture”, secondo quanto disposto dall’articolo 634 del codice di procedura civile.

Chi emette il decreto di ingiunzione

Il giudice competente per il decreto di ingiunzione è il giudice di pace; in alternativa, il provvedimento può essere emesso dal tribunale in composizione monocratica (competente per la domanda proposta in via ordinaria). Come si legge sul portale specializzato Avvocato Accanto, il decreto ingiuntivo può essere ottenuto in pochi giorni (al massimo qualche settimana) a meno che la controparte (l’ingiunto) non si opponga: in tal caso, i tempi si allungano; va sottolineato che per questa particolare procedura la legge non prevede termini e scadenze precisi.

Una volta ricevuta la richiesta di ingiunzione, il giudice competente può rigettarla oppure accoglierla. Nel primo caso, il rigetto viene comunicato al ricorrente assieme alla richiesta di fornire le prove scritte necessarie; “se il ricorrente non risponde all’invito o non ritira il ricorso oppure se la domanda non è accoglibile” –  si legge all’articolo 640 del codice di procedura civile – “il giudice la rigetta con decreto motivato”. Ciò nonostante, la domanda può essere proposta nuovamente, anche in via ordinaria.  Nel caso in cui la domanda venga accolta, il giudice competente, tramite decreto motivato (da emettere entro 30 giorni dal deposito del ricorso) “ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste” (art. 641 c.p.c.).

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